

Classe: V linguistico
Periodo: II semestre
Tempo totale previsto: 6 ore
Prerequisiti:
- L’ unità didattica in esame è concepita come parte integrante di un modulo sul nichilismo sviluppato nel corso dell’ultimo anno.
- E’ prevista la conoscenza delle origini del termine nichilismo quando nella filosofia tedesca si accendono le polemiche sul criticismo kantiano e sull’idealismo (polemica tra Fichte e Jacobi). Il termine nel suo uso più conosciuto rimanda all’ ‘800 (1882 Turgenev e Dostoevskij) e viene indicato come corrente di pensiero e di azione ateistica, rivoluzionaria, materialistica e positivistica. In “Padri e figli” Bazarov giovane medico e scienziato si pone come eroe della negazione che rompe con ogni tradizione e autorità: nichilista è colui che non si inchina davanti ad alcuna autorità. In questo senso viene accentuato il momento dell’azione nel suo orientamento positivistico e scientista. Il nichilismo in Russia si rivolgerà ai gruppi terroristici (Serguei Nečaev: assoluta liceità dell’uso dei mezzi).
In Nietzsche il nichilismo assume valenze non più in relazione ad aspetti etico politici o religiosi, ma rinvia ad una caratterizzazione più strettamente storico-filosofica. Il nichilismo con Nietzsche diventa principio complessivo di spiegazione ed interpretazione della nostra civiltà nel suo inesorabile processo di decadenza – processo che ha le sue radici nel mondo greco con Socrate e Platone nella distinzione tra mondo vero e mondo falso, che in seguito verrà rielaborato dal Cristianesimo.
- Conoscenza introduttiva della biografia dello scrittore russo e del contesto storico politico in cui si colloca la sua opera. (Il modulo può coinvolgere anche il docente di storia per quanto concerne la Russia dell’ 1800 e il Prof. di lettere).
Finalità formativa:
Tale unità didattica consente agli studenti di cogliere la medesima tematica proposta alla luce di una pluralità di suggestioni testuali e registri linguistici. Inoltre, si intende offrire la possibilità di cogliere il tema del nichilismo in tutta la sua portata esistenziale. Dostoevskij, infatti, inserisce i problemi filosofici nel vivo della coscienza umana attraverso questi personaggi, che come dirà Bachtin, sono inghiottiti dall’idea. Per Dostoevskij non esistono idee “in sé”astratte, egli infatti rappresenta la verità come incarnata, ossia come persona che entra in rapporto con altre persone. La potenza della scrittura dostoevskijana e l’immediatezza del suo linguaggio consentono allo studente di sentirsi maggiormente coinvolto nella riflessione, poiché non si tratta di un pensiero astratto e indifferente, ma del senso stesso del nostro essere, dove in gioco è tutta la nostra esistenza. Inoltre in virtù della polifonia che contraddistingue il dialogare dei personaggi dostoevskijani, lo studente potrà sperimentare una pluralità di punti di vista sul medesimo problema, sviscerati nelle loro estreme conseguenze teoretiche ed esistenziali.
Si intende inoltre mostrare come il problema del nichilismo non sia qualcosa che pertiene esclusivamente alla speculazione chiusa nella sua “torre eburnea”, e che di conseguenza di interesse esclusivo di un’ elite di intellettuali o di teologi. La nostra esistenza, e ogni nostro gesto, sono contrassegnati da questa incessante lotta per il senso. Non c’è posizione, anche quella di colui che abdica ad ogni domanda radicale, che possa sottrarsi a tale orizzonte e che pertanto non debba fare i conti con il nichilismo. L’esserne consapevoli riconduce l’uomo ad una responsabilità radicale, poiché il senso non si offre come evidenza dell’intelletto, ma è qualcosa che quotidianamente decidiamo anche nei gesti apparentemente più banali.
Obiettivi:
conoscenze: saper delineare in linea generale il concetto di nichilismo nell’ambito del pensiero dostoevskijano.
competenze:
saper interpretare e rielaborare concettualmente il linguaggio, (avendo al contempo coscienza dell’impossibilità di ricondurre l’opera a puri schemi concettuali) , enucleando i nodi filosofici della riflessione dostoevskijana, drammatizzata nei dialoghi tratti dai Fratelli Karamazov e nella Leggenda del Grande Inquisitore.
Saper evidenziare le peculiarità della tecnica argomentativa di Ivan Karamazov e i volti del nichilismo che tale prospettiva dischiude. Essere in grado di esplicitare la risposta di Alëša e mettere in luce la critica mossa al razionalismo metafisico.
saper inserire la riflessione dello scrittore russo nell’ambito del più ampio dibattito filosofico, creando, per così dire, un dialogo tra filosofia e letteratura. In particolare risulta di grande interesse confrontare la posizione di Nietzsche con quella di Dostoevskij, evidenziandone le affinità ma anche gli esiti profondamente diversi.
Contenuti e tempi:
- Presentazione dell’opera dostoevskiana e breve excursus sulla genesi del romanzo.
Introduzione ai personaggi presi in esame: Ivan Karamazov che, con la sua lucidità rettilinea ed implacabile, rappresenta l’anima nichilistica odierna e Alëša, a cui Dostoevskij affida la sua risposta ultima.
Lettura in classe dei brani tratti dai Fratelli Karamazov, tr.it. di A. Villa, Einaudi, 1949 Torino, cap. IV Ribellione, cap. V La leggenda del Grande Inquisitore pp317-352; cap. IX, Il diavolo. Incubo di Ivan Karamazov, pp 834-852 (di queste pagine saranno selezionati alcuni passi salienti, la lettura integrale sarà svolta a casa).
Come premessa introduttiva leggerei in classe la lettera che Dostoevskij scrive alla Fonvizina per mostrare la peculiarità del pensiero dostoevskijano.
Dopo il confronto con il testo letterario, si procederà al momento dell’analisi filosofica e della tematizzazione dei nuclei centrali dell’argomentazione dei personaggi.
La ribellione di Ivan è scandita in due momenti coessenziali ed inseparabili.
Nella prima parte il protagonista solleva lo scandalo del male, esibendolo in quella forma oltraggiosa che è la sofferenza degli innocenti, una sofferenza che Pareyson definirà inutile. La strumentalizzazione della sofferenza inutile, la sua stessa esistenza evoca lo scandalo e sancisce l’assurdità del mondo: sofferenza inutile ed esistenza di Dio sono incompatibili, basta la sofferenza di un solo bambino a confutarne l’esistenza.
Se la prima parte denuncia il fallimento della creazione la seconda parte, svolta nella Leggenda, denuncia il fallimento della redenzione, giacchè il Cristo lungi dal liberare l’uomo dalla sofferenza, non ha fatto che accrescerla imponendogli il peso insostenibile della libertà. In tal modo Ivan, come critico della creazione e della redenzione, proclama la fine del teismo e del cristianesimo, nell’orizzonte della quale colloca il suo programma di nichilismo integrale, che contiene con luminosa evidenza il senso della problematica filosofica attuale. Nelle tre tentazioni che lo “spirito dell’autodistruzione e del non essere” rivolge al Cristo sono racchiuse le sorti dell’umanità. Qui si assiste ad una ribellione di quanto c’è di più terreno nell’uomo, che volge le spalle alla sublime elevatezza dei comandamenti del Cristo,dai quali deriva una radicale incomprensione. L’uomo è costituzionalmente più vile e si rivolge ad un nuovo idolo in grado di rispondere alle esigenze più profonde della sua natura. L’inquisitore si ribella emendando le gesta attraverso l’accettazione di tutti e tre i consigli dello spirito per amore dell’umanità. Come osserva Rozanov l’amore più ardente per l’uomo si fonde con l’assoluto disprezzo. L’umanità viene pertanto consegnata ad una condizione pressoché animale, ridotta alla soddisfazione del puro bisogno. Tale degradazione consente all’uomo di essere libero per lo meno dallo strazio di dover patire l’irredenzione alla luce della redimibilità. E così come Dio uccide l’uomo volendolo salvare, così l’uomo deve uccidere Dio per realizzare la sua salvezza.
Come riconosce Rozanov, il nichilismo di Ivan è assolutamente originale e pericoloso rispetto alle classiche confutazioni. Il suo discorso appare come estremamente ambiguo: egli accoglie in pieno rispetto le idee tradizionali ma per svuotarle dall’interno, per mostrare alla fine come esse si annichiliscono da sé. La ribellione di Ivan sorta da un autentico afflato religioso, dall’indignazione di fronte alla sofferenza umana si inabissa nel mondo di una quotidianità da sempre riconciliata con se stessa, scende nella sfera dell’amoralismo, dell’indifferenza etica del tutto è permesso. L’ateismo di Ivan, dai vertici dell’indignazione religiosa e del rifiuto prometeico, non esita a calarsi in un’esistenza ridotta alla mera attualità, dove termina ogni dissidio, dove la scelta smarrisce il suo volto tragico, giacchè il tutto è permesso di fatto la svuota del suo senso.Questa discesa nella realtà trova un immagine icastica nel diavolo che appare ad Ivan. Il diavolo non è più Lucifero, l’angelo decaduto, sublime nella sua luce infernale, ma un gentiluomo mediocre e convenzionale, vestito in modo elegante ma non impeccabile, completamente conciliato con la realtà ed il cui solo ideale è quello di incarnarsi definitivamente in una grassa bottegaia che pesi un quintale, e poi credere a tutto quello che crede lei, e andare in chiesa e accendere una candela con tutto il cuore. In questa banalizzazione del demoniaco si assiste non tanto alla sua estenuazione quanto al suo assoluto trionfo. Il carattere soporifero del banale con la sua apparente tranquillità disarma la vigilanza, e col suo aspetto innocuo porta alla negazione completa.
Tuttavia il nichilismo di Ivan non rappresenta l’ultima parola di Dostoevskij: il nichilismo di Ivan è definitivo, quello di Dostoevskij è metodico e culmina in un approdo religioso.
Dostoevskij mostra come il nichilismo di Ivan sia sostanzialmente dipendente dal razionalismo metafisico, infatti pretendendo da Dio la spiegazione della sofferenza, continua a concepire la divinità in termini di principio fondamento, ragione ultima del mondo. Dostoevskij supera questa identificazione, affidando la sua risposta ad Aleša, il quale fa notare come Dio non venga a spiegare il male ma a prenderlo su di sé. Ed è sempre Alëša a smascherare la pretesa nobiltà dell’inquisitore, mostrando come l’intima natura delle sue gesta affonda nell’assoluta disperazione. Nell’Inquisitore non c’è alcuna traccia di passione prometeica e amore per l’uomo: egli allestisce i suoi roghi e provvede sollecitamente al benessere di coloro ai quali chiede obbedienza, con la consapevolezza del funzionario, che sa che non c’è latro da sperare- Tempo previsto: 3 ore.
Verifica: Tema in cui verranno proposte due modalità di svolgimento a scelta. Nel primo tema si richiede di ricostruire a partire dall’attività svolta in classe, una riflessione sul nichilismo, dove dovrebbe emergere anche una personale elaborazione del concetto. La seconda proposta prevede che l’allievo inventi una sorta di racconto-dialogo in cui emergano le sue considerazioni sul tema. - Tempo previsto: due ore.
Valutazione: Verrà valutato sia il dibattito in classe, sia il lavoro svolto individualmente.
I criteri:
la pertinenza della riflessione e la capacità di una elaborazione concettuale del testo letterario;
la capacità di ricreare un dialogo tra le posizioni trattate
essere in grado di sviluppare una riflessione personale
l’originalità dell’impostazione del tema
Metodologia: Lezione frontale, lettura di passi scelti tratti dal testo sopra citato e di alcuni passi della Genealogia della morale, lezione dialogata.
Strumenti: fotocopia dei passi scelti dei testi sopra citati e del saggio.
Bibliografia consigliata per il docente:
Bachtin, M., Dostoevskij. Poetica e stilistica, tr.it. G. Garritano, Einaudi, Torino 1968;
Givone, S., Dostoevskij e la filosofia, Biblioteca di Cultura Moderna Laterza, Bari 1984;
Pareyson., La sofferenza inutile in Dostoevskij, “Giornale di metafisica”, IV, 1, Gennaio- Aprile 1982;
Rozanov, V., La leggenda del Grande Inquisitore, tr.it N. Caprifoglio, Marietti, Genova, 1989.
1 commento:
1) Dostoevskij con Nietzsche porta a compimento la crisi del razionalismo metafisico: entrambi sanciscono il primato dell’esistenza sulla riflessione, (Fedeltà alla terra di Nietzsche, e l’esortazione dell’uomo ridicolo ad affermare la superiorità della vita sul senso di essa), abdicando all’idea di una verità concepita nei limiti della pura ragione. Siete in grado di esplicitare questa affermazione, facendo riferimento ai testi analizzati ed evidenziando anche le differenti impostazioni? Siete d’accordo con questo tipo di impostazione, se si, perché? Nel caso contrario evidenziate i limiti di tale presupposto.
2)In che senso entrambi concorrono all’erosione della morale filistea, smascherando la volontà di potenza insita in tale virtù?
3) Il cristianesimo è la base sulla quale i due autori formulano la diagnosi del nichilismo contemporaneo. Dostoevskij individua come colpevole una visione anticristica del cristianesimo, ricondotta alla figura del Grande Inquisitore; lo stesso Nietzsche, attribuisce la responsabilità al cristianesimo, un certo cristianesimo inteso come platonismo volgare. In che senso il Grande Inquisitore realizza un programma di nichilismo coerente? A che cosa abdica l’uomo in virtù della “felicità” auspicata dall’inquisitore? Che cosa intende Nietzsche per “Platonismo volgare” e per “rivolta degli schiavi nella morale”?
4) Nietzsche approda ad una visione tragica dell’esistenza, che prevede l’oltrepassamento del cristianesimo in un’adesione assoluta alla pura volontà di potenza. Dostoevskij, invece, sancisce attraverso la sua opera, lo scacco del superuomo ed il ritorno ad un cristianesimo tragico, temprato nel crogiolo del dubbio, che vede nel Cristo, l’unica risposta alle terribili obiezioni mosse da Ivan.
In che senso lo scrittore russo sancisce il fallimento del superuomo? Quale delle due visioni ritenete sia più convincente e quali limiti individuate?
5) Ritenete che il nichilismo sia un orizzonte oltrepassabile o che al contrario sia una condizione a cui l’uomo non può sottrarsi?
6) Che cos’è per voi nichilismo e come si traduce nei gesti del vivere quotidiano?
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