martedì 6 marzo 2007

Dostoevskij -- Volti del nichilismo

Classe: V linguistico

Periodo: II semestre

Tempo totale previsto: 6 ore

Prerequisiti:

  • L’ unità didattica in esame è concepita come parte integrante di un modulo sul nichilismo sviluppato nel corso dell’ultimo anno.
  • E’ prevista la conoscenza delle origini del termine nichilismo quando nella filosofia tedesca si accendono le polemiche sul criticismo kantiano e sull’idealismo (polemica tra Fichte e Jacobi). Il termine nel suo uso più conosciuto rimanda all’ ‘800 (1882 Turgenev e Dostoevskij) e viene indicato come corrente di pensiero e di azione ateistica, rivoluzionaria, materialistica e positivistica. In “Padri e figli” Bazarov giovane medico e scienziato si pone come eroe della negazione che rompe con ogni tradizione e autorità: nichilista è colui che non si inchina davanti ad alcuna autorità. In questo senso viene accentuato il momento dell’azione nel suo orientamento positivistico e scientista. Il nichilismo in Russia si rivolgerà ai gruppi terroristici (Serguei Nečaev: assoluta liceità dell’uso dei mezzi).

In Nietzsche il nichilismo assume valenze non più in relazione ad aspetti etico politici o religiosi, ma rinvia ad una caratterizzazione più strettamente storico-filosofica. Il nichilismo con Nietzsche diventa principio complessivo di spiegazione ed interpretazione della nostra civiltà nel suo inesorabile processo di decadenza – processo che ha le sue radici nel mondo greco con Socrate e Platone nella distinzione tra mondo vero e mondo falso, che in seguito verrà rielaborato dal Cristianesimo.

  • Conoscenza introduttiva della biografia dello scrittore russo e del contesto storico politico in cui si colloca la sua opera. (Il modulo può coinvolgere anche il docente di storia per quanto concerne la Russia dell’ 1800 e il Prof. di lettere).

Finalità formativa:

Tale unità didattica consente agli studenti di cogliere la medesima tematica proposta alla luce di una pluralità di suggestioni testuali e registri linguistici. Inoltre, si intende offrire la possibilità di cogliere il tema del nichilismo in tutta la sua portata esistenziale. Dostoevskij, infatti, inserisce i problemi filosofici nel vivo della coscienza umana attraverso questi personaggi, che come dirà Bachtin, sono inghiottiti dall’idea. Per Dostoevskij non esistono idee “in sé”astratte, egli infatti rappresenta la verità come incarnata, ossia come persona che entra in rapporto con altre persone. La potenza della scrittura dostoevskijana e l’immediatezza del suo linguaggio consentono allo studente di sentirsi maggiormente coinvolto nella riflessione, poiché non si tratta di un pensiero astratto e indifferente, ma del senso stesso del nostro essere, dove in gioco è tutta la nostra esistenza. Inoltre in virtù della polifonia che contraddistingue il dialogare dei personaggi dostoevskijani, lo studente potrà sperimentare una pluralità di punti di vista sul medesimo problema, sviscerati nelle loro estreme conseguenze teoretiche ed esistenziali.

Si intende inoltre mostrare come il problema del nichilismo non sia qualcosa che pertiene esclusivamente alla speculazione chiusa nella sua “torre eburnea”, e che di conseguenza di interesse esclusivo di un’ elite di intellettuali o di teologi. La nostra esistenza, e ogni nostro gesto, sono contrassegnati da questa incessante lotta per il senso. Non c’è posizione, anche quella di colui che abdica ad ogni domanda radicale, che possa sottrarsi a tale orizzonte e che pertanto non debba fare i conti con il nichilismo. L’esserne consapevoli riconduce l’uomo ad una responsabilità radicale, poiché il senso non si offre come evidenza dell’intelletto, ma è qualcosa che quotidianamente decidiamo anche nei gesti apparentemente più banali.

Obiettivi:

conoscenze: saper delineare in linea generale il concetto di nichilismo nell’ambito del pensiero dostoevskijano.

competenze:

saper interpretare e rielaborare concettualmente il linguaggio, (avendo al contempo coscienza dell’impossibilità di ricondurre l’opera a puri schemi concettuali) , enucleando i nodi filosofici della riflessione dostoevskijana, drammatizzata nei dialoghi tratti dai Fratelli Karamazov e nella Leggenda del Grande Inquisitore.

Saper evidenziare le peculiarità della tecnica argomentativa di Ivan Karamazov e i volti del nichilismo che tale prospettiva dischiude. Essere in grado di esplicitare la risposta di Alëša e mettere in luce la critica mossa al razionalismo metafisico.

saper inserire la riflessione dello scrittore russo nell’ambito del più ampio dibattito filosofico, creando, per così dire, un dialogo tra filosofia e letteratura. In particolare risulta di grande interesse confrontare la posizione di Nietzsche con quella di Dostoevskij, evidenziandone le affinità ma anche gli esiti profondamente diversi.

Contenuti e tempi:

  • Presentazione dell’opera dostoevskiana e breve excursus sulla genesi del romanzo.

Introduzione ai personaggi presi in esame: Ivan Karamazov che, con la sua lucidità rettilinea ed implacabile, rappresenta l’anima nichilistica odierna e Alëša, a cui Dostoevskij affida la sua risposta ultima.

Lettura in classe dei brani tratti dai Fratelli Karamazov, tr.it. di A. Villa, Einaudi, 1949 Torino, cap. IV Ribellione, cap. V La leggenda del Grande Inquisitore pp317-352; cap. IX, Il diavolo. Incubo di Ivan Karamazov, pp 834-852 (di queste pagine saranno selezionati alcuni passi salienti, la lettura integrale sarà svolta a casa).

Come premessa introduttiva leggerei in classe la lettera che Dostoevskij scrive alla Fonvizina per mostrare la peculiarità del pensiero dostoevskijano.

Dopo il confronto con il testo letterario, si procederà al momento dell’analisi filosofica e della tematizzazione dei nuclei centrali dell’argomentazione dei personaggi.

La ribellione di Ivan è scandita in due momenti coessenziali ed inseparabili.

Nella prima parte il protagonista solleva lo scandalo del male, esibendolo in quella forma oltraggiosa che è la sofferenza degli innocenti, una sofferenza che Pareyson definirà inutile. La strumentalizzazione della sofferenza inutile, la sua stessa esistenza evoca lo scandalo e sancisce l’assurdità del mondo: sofferenza inutile ed esistenza di Dio sono incompatibili, basta la sofferenza di un solo bambino a confutarne l’esistenza.

Se la prima parte denuncia il fallimento della creazione la seconda parte, svolta nella Leggenda, denuncia il fallimento della redenzione, giacchè il Cristo lungi dal liberare l’uomo dalla sofferenza, non ha fatto che accrescerla imponendogli il peso insostenibile della libertà. In tal modo Ivan, come critico della creazione e della redenzione, proclama la fine del teismo e del cristianesimo, nell’orizzonte della quale colloca il suo programma di nichilismo integrale, che contiene con luminosa evidenza il senso della problematica filosofica attuale. Nelle tre tentazioni che lo “spirito dell’autodistruzione e del non essere” rivolge al Cristo sono racchiuse le sorti dell’umanità. Qui si assiste ad una ribellione di quanto c’è di più terreno nell’uomo, che volge le spalle alla sublime elevatezza dei comandamenti del Cristo,dai quali deriva una radicale incomprensione. L’uomo è costituzionalmente più vile e si rivolge ad un nuovo idolo in grado di rispondere alle esigenze più profonde della sua natura. L’inquisitore si ribella emendando le gesta attraverso l’accettazione di tutti e tre i consigli dello spirito per amore dell’umanità. Come osserva Rozanov l’amore più ardente per l’uomo si fonde con l’assoluto disprezzo. L’umanità viene pertanto consegnata ad una condizione pressoché animale, ridotta alla soddisfazione del puro bisogno. Tale degradazione consente all’uomo di essere libero per lo meno dallo strazio di dover patire l’irredenzione alla luce della redimibilità. E così come Dio uccide l’uomo volendolo salvare, così l’uomo deve uccidere Dio per realizzare la sua salvezza.

Come riconosce Rozanov, il nichilismo di Ivan è assolutamente originale e pericoloso rispetto alle classiche confutazioni. Il suo discorso appare come estremamente ambiguo: egli accoglie in pieno rispetto le idee tradizionali ma per svuotarle dall’interno, per mostrare alla fine come esse si annichiliscono da sé. La ribellione di Ivan sorta da un autentico afflato religioso, dall’indignazione di fronte alla sofferenza umana si inabissa nel mondo di una quotidianità da sempre riconciliata con se stessa, scende nella sfera dell’amoralismo, dell’indifferenza etica del tutto è permesso. L’ateismo di Ivan, dai vertici dell’indignazione religiosa e del rifiuto prometeico, non esita a calarsi in un’esistenza ridotta alla mera attualità, dove termina ogni dissidio, dove la scelta smarrisce il suo volto tragico, giacchè il tutto è permesso di fatto la svuota del suo senso.Questa discesa nella realtà trova un immagine icastica nel diavolo che appare ad Ivan. Il diavolo non è più Lucifero, l’angelo decaduto, sublime nella sua luce infernale, ma un gentiluomo mediocre e convenzionale, vestito in modo elegante ma non impeccabile, completamente conciliato con la realtà ed il cui solo ideale è quello di incarnarsi definitivamente in una grassa bottegaia che pesi un quintale, e poi credere a tutto quello che crede lei, e andare in chiesa e accendere una candela con tutto il cuore. In questa banalizzazione del demoniaco si assiste non tanto alla sua estenuazione quanto al suo assoluto trionfo. Il carattere soporifero del banale con la sua apparente tranquillità disarma la vigilanza, e col suo aspetto innocuo porta alla negazione completa.

Tuttavia il nichilismo di Ivan non rappresenta l’ultima parola di Dostoevskij: il nichilismo di Ivan è definitivo, quello di Dostoevskij è metodico e culmina in un approdo religioso.

Dostoevskij mostra come il nichilismo di Ivan sia sostanzialmente dipendente dal razionalismo metafisico, infatti pretendendo da Dio la spiegazione della sofferenza, continua a concepire la divinità in termini di principio fondamento, ragione ultima del mondo. Dostoevskij supera questa identificazione, affidando la sua risposta ad Aleša, il quale fa notare come Dio non venga a spiegare il male ma a prenderlo su di sé. Ed è sempre Alëša a smascherare la pretesa nobiltà dell’inquisitore, mostrando come l’intima natura delle sue gesta affonda nell’assoluta disperazione. Nell’Inquisitore non c’è alcuna traccia di passione prometeica e amore per l’uomo: egli allestisce i suoi roghi e provvede sollecitamente al benessere di coloro ai quali chiede obbedienza, con la consapevolezza del funzionario, che sa che non c’è latro da sperare- Tempo previsto: 3 ore.

Verifica: Tema in cui verranno proposte due modalità di svolgimento a scelta. Nel primo tema si richiede di ricostruire a partire dall’attività svolta in classe, una riflessione sul nichilismo, dove dovrebbe emergere anche una personale elaborazione del concetto. La seconda proposta prevede che l’allievo inventi una sorta di racconto-dialogo in cui emergano le sue considerazioni sul tema. - Tempo previsto: due ore.

Valutazione: Verrà valutato sia il dibattito in classe, sia il lavoro svolto individualmente.

I criteri:

la pertinenza della riflessione e la capacità di una elaborazione concettuale del testo letterario;

la capacità di ricreare un dialogo tra le posizioni trattate

essere in grado di sviluppare una riflessione personale

l’originalità dell’impostazione del tema

Metodologia: Lezione frontale, lettura di passi scelti tratti dal testo sopra citato e di alcuni passi della Genealogia della morale, lezione dialogata.

Strumenti: fotocopia dei passi scelti dei testi sopra citati e del saggio.

Bibliografia consigliata per il docente:

Bachtin, M., Dostoevskij. Poetica e stilistica, tr.it. G. Garritano, Einaudi, Torino 1968;

Givone, S., Dostoevskij e la filosofia, Biblioteca di Cultura Moderna Laterza, Bari 1984;

Pareyson., La sofferenza inutile in Dostoevskij, Giornale di metafisica”, IV, 1, Gennaio- Aprile 1982;

Rozanov, V., La leggenda del Grande Inquisitore, tr.it N. Caprifoglio, Marietti, Genova, 1989.

sabato 3 marzo 2007


Spunti di riflessione per un dibattito intorno all'intervista di Salvatore Natoli, pubblicata nella sezione podcast del blog.






1) Natoli definisce l'uomo come "essere artificiale", intendendo la tecnica come costitutiva della sua essenza. Commenta questa tesi, esprimendo la tua opinione.

2) Perchè la tecnica è l'espressione dell'impotenza dell'uomo?

3) Individua il limite insito nell'agire tecnico

sabato 24 febbraio 2007

La tecnica

Il nostro blog si apre con una riflessione critica sulla tecnica attraverso le voci dei filosofi, in un percorso che va dalla Grecia alla contemporaneità.
Al termine di questa presentazione siete tutti invitati a un banchetto "Da Trimalcione", dove, tra una portata e l'altra, ciascuno di voi è invitato ad esprimere la propria posizione in merito all'argomento. La provocazione lanciata ai convitati da un misterioso tutor appassionato di aperitivi ;-) è la seguente: "The Machine Is Us/ing Us":



MODULO: “FENOMENOLOGIA DELLA TECNICA: DA STRUMENTO A ORIZZONTE”

Disciplina: filosofia
Destinatari:Classe III Liceo classico
Obiettivi

1) Stimolo per una riflessione critica sulla tecnica che rappresenta un evento decisivo del nostro vivere: noi continuiamo a pensare la tecnica come strumento, mentre essa è diventata l’ambiente e l’orizzonte ultimo dell’agire umano.

2) Riflettere in prospettiva genealogica attraverso una pluralità di suggestioni testuali: acquisire la capacità di analizzare il medesimo concetto avvalendosi dell’apparato concettuale specifico di ogni autore, riuscendo a ricreare un dialogo tra le diverse prospettive e sviluppare laddove è possibile un pensiero personale e critico.

3) Capacità di contestualizzare il tema trattato all’interno del pensiero complessivo degli autori trattati.

4) Competenza nel saper estendere e generalizzare tale tema filosofico ad altre discipline. Configurandosi la tecnica come orizzonte dell’ “esserci” saper cogliere le ripercussioni che essa provoca nei diversi ambiti del sapere e dell’agire umano: nell’etica con riferimento specifico alla bioetica, nel pensiero scientifico, nella politica con riferimento alla globalizzazione, nell’arte, nella religione, nella cultura di massa e nella multimedialità.

5) Valorizzare la cultura classica acquisita nel corso del quinquennio rendendola viva nel suo ruolo di interprete della contemporaneità.

Strumenti:

Passi scelti dei seguenti testi (possibilità di lettura dei testi in originale sulla base delle lingue studiate dagli studenti e con la collaborazione del docente di Greco l’opportunità di tradurre alcuni passi).

Omero, Iliade, Libro XIII, vv. 730-734, Einaudi, Torino 1982
Esiodo, Teogonia, Opere e Giorni, vv. 519-524, in Opere, Utet, Torino1977
Eschilo, Prometeo incatenato, Utet, Torino, 1977.
Eraclito, I presocratici. Testimonianze e frammenti, fr. 30, Laterza, Bari 1983.
Platone, Politico, in Tutti gli scritti, Rusconi, Milano 1992
Aristotele, Metafisica, Libro I, 981b, 17-23 in Opere, Laterza, Bari 1973
Aristotele, Fisica, Libro II, 193 a, 1-4, in Opere, Laterza, Bari 1973
Bibbia, Genesi, 1, 1-5
Descartes Discorso sul metodo, in Opere filosofiche, parte V, p.318, La Terza, Bari
Kant Critica della ragion pura, Prefazione alla II Edizione, p.21, Adelphi, Milano 1989
Marx, Il capitale, Libro I, capitolo I, pp.104-105
Nietzsche, La gaia scienza, aforisma125, p.162, Adelphi, Milano 2001
Heidegger, La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, p.11

Letture consigliate per eventuali approfondimenti:

Umberto Galimberti, Psiche e techne- l’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999.
Emanuele Severino, Il Giogo- Alle origini della ragione: Eschilo, Adelphi, Milano 1989.

STRUTTURA DEL MODULO
1.
Il mondo greco

Argomenti

Omero ed Esiodo:
Nella visione mitica del mondo la tecnica appartiene agli dei che come ci riferisce Omero di tanto in tanto ne fanno dono ad individui o a intere comunità.

Eschilo, Prometeo incatenato: Prometeo conosce il destino dei mortali e perciò insieme alla tecnica porta in dono agli uomini un farmaco senza il quale ogni progetto si estingue “ho impedito agli uomini di vedere le loro sorti mortali” infondendo la speranza di sopravvivere. Le cieche speranze e il fuoco sono tra loro strettamente connessi, le une sono le condizioni per l’impiego dell’altro e la loro connessione costituisce l’insieme delle tecniche che consentono all’uomo di poter disporre della natura e quindi di portarsi all’altezza di Zeus.

L’ambivalenza dell’autonomia tecnica: il congedo dagli dei segna l’origine del sapere umano che nasce come sapere tecnico. Ma ciò che libera è anche catena perché l’azione tecnica dà l’illusione di poter sciogliere l’azione umana dai vincoli di Anànke.
Con il divorzio degli uomini dagli dei, da cui prende avvio la storia umana, gli uomini dispongono solamente di quel sapere tecnico che è solamente strumentale ed incapace di eleggere i fini.
La colpa di Prometeo non consiste nell’aver rubato il fuoco agli dei ma nell’aver ipotizzato l’autosufficienza di queste tecniche per la conduzione della vita umana.

Platone tecnica e politica: la gerarchia delle tecniche e la politica come tecnica regia. Le tecniche non garantiscono la sopravvivenza dell’uomo se non vengono governate dalla basilikè tèchne Platone, Politico, 311 b-c

Aristotele: Il fare tecnico è limitato alla soddisfazione di necessità e di bisogni elementari della vita che non soddisfatti non consentirebbero di accedere alla contemplazione. Primato della teoria sulla prassi.Quando la tecnica ha assolto il suo compito, che è quello di liberare l’uomo dal bisogno e dalle necessità elementari della vita, l’uomo può accedere alla contemplazione.


2. Il mondo biblico e il moderno come primato della volontà

Argomenti
La creazione ex nihilo: la religione biblica porta ad una frattura con il mondo greco. La natura per quest’ultimo è concepita, come recita il Frammento 30 di Eraclito e Aristotele nella Fisica, non come creazione di un Dio né opera dell’uomo ma in sé perenne senza inizio né fine, è per sé il divino e il tutto. Tale concezione esclude la domanda relativa all’origine della natura.

Bibbia, Genesi, 1, 1-5: “In principio Dio creò il cielo e la terra…”. Il mondo come effetto della volontà di Dio: evocato dal nulla e destinato al nulla, il mondo non ha più senso in se stesso, ma nell’uomo per il quale è stato creato.

Secolarizzazione dell’escatologia cristiana: Bacone e l’iscrizione del progetto scientifico nell’orizzonte tecnologico cristiano. L’uomo ha il compito di dominare la natura rifiuto della superbia sterile del pensiero teoretico di Platone ed Aristotele. Inaugurazione dell’età moderna: la scienza moderna subordina il vedere al fare manipolativo. (scire propter potentiam).

Cartesio e Galilei: Cartesio pensa l’uomo come maitre et posseseur du mond. Galilei(Il Saggiatore):la natura è scritta in caratteri matematici. Instaurazione della soggettività, l’uomo come metron nel senso che misura il progetto in virtù del sapere matematico: riducibilità della natura allo schema matematico anticipato ritenuto unico strumento idoneo al suo dominio. Al discorso rivelato subentra il discorso scientifico, alla potenza di Dio la potenza della soggettività fondamento indiscusso della verità. Tale indirizzo è coerentemente sviluppato da tutto il razionalismo fino a designare con Spinoza un Ethica ordine geometrico demonstrata, ma anche nel pensiero empirista l’esperienza sensibile ha valore solo se interpretata alla luce della ragione matematica.

Kant: la matematica con Kant diventa l’ordine che l’uomo assegna alla natura costringendola a rispondere alle ipotesi su di essa anticipate: la ragione si presenta in qualità non di scolaro che venga istruito dalla natura ma di giudice che costringe i testimoni a rispondere alle domande che le rivolge (Kant, Critica dela ragion pura,Prefazione alla seconda edizione p19).

3. Disvelamento dell’essenza della tecnica

Argomenti

Marx e l’annuncio del capovolgimento dei mezzi in fini: la tecnica da strumento come mezzo al servizio dell’uomo capovolgendosi in fine decreta il tramonto del regnum hominis e si rivela come orizzonte assoluto.
Nietzsche:
nichilismo e volontà di potenza
Heidegger:
il disvelamento della tecnica moderna come pro-vocazione la quale pretende dalla natura che essa fornisca energia che possa essere estratta e accumulata. La provocazione antica assecondava la natura, quella moderna tratta la natura come un fondo a disposizione.

Nell’orizzonte dischiuso dalla tecnica, l’uomo smarrisce la sua signoria e viene im-piegato come dice Heidegger: be-stellt allo stesso modo con cui si impiegano le forze della natura. La tecnica da mediatore uomo natura diviene l’orizzonte al cui interno uomo e natura sono disposti dalle richieste che le possibilità tecniche promuovono. (la questione della tecnica p.13).
La tecnica moderna come ciò che svela la disponibilità e l’impiego di tutte le cose, non è un operare puramente umano: l’ uomo provoca la natura in quanto è provocato dalla tecnica.

Tecnica e nichilismo: discussione aperta alle libere riflessioni degli allievi: la tecnica è l’ultima parola sull’uomo? Ne definisce la sua essenza profonda come vuole Galimberti? E’ pensabile un orizzonte oltre la tecnica?

Visione del film “Tempi moderni” di Charlie Chaplin

Articoli e siti di interesse

Scienza e tecnica, il mezzo è un fine di Lelio De Michelis

Quando la tecnica è suprema poesia di Umberto Galimberti

Sarà la tecnica a guidare il mondo di Alessandro Zarzana

sabato 17 febbraio 2007

Inaugurazione

Immaginate Socrate, Platone, Nietzsche, Heidegger, insomma, i vostri filosofi o artisti preferiti al tavolo di un caffè a parlare delle questioni che voi ritenete più urgenti ed essenziali.

Siete chiamati ad esprimere le vostre personali posizioni attorno ad alcuni nodi essenziali del pensiero contemporaneo, alla luce delle riflessioni che filosofi, artisti, scienziati, benvengano le contaminazioni, hanno via via formulato.

L'obiettivo è rendere vivo il pensiero filosofico e spezzare la maledizione dello strano anello che fa della filosofia un pensiero che si avvita su se stesso, accessibile ai soli accademici.
In ognuno di noi vive questa scintilla si tratta solo di lasciarla sfavillare.....

...quindi, siate i benvenuti!